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Proposizione 196

«Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi che formano la comunità civile sono consapevoli di non essere in grado, da soli, di costruire una vita capace di rispondere pienamente alle esigenze della natura umana e avvertono la necessità di una comunità più ampia, nella quale tutti rechino quotidianamente il contributo delle proprie capacità, allo scopo di raggiungere sempre meglio il bene comune. Per questo essi costituiscono […] una comunità politica»[1]. «La comunità politica, realtà connaturale agli uomini, esiste per ottenere un fine altrimenti irraggiungibile: la crescita più piena di ciascuno dei suoi membri, chiamati a collaborare stabilmente per realizzare il bene comune, sotto la spinta della loro tensione naturale verso il vero e verso il bene»[2].

La presenza dei cattolici in politica si rende oggi necessaria perché i problemi, che condizionano lo sviluppo del nostro territorio, sono così gravi e allarmanti da richiedere che ogni area culturale impegni le sue migliori forze per la causa del bene comune. È vero che i nostri laici sono già impegnati in ambito socio-culturale: con la realtà associativa, rappresentata dai molti gruppi che operano all’interno delle Parrocchie e nel territorio diocesano; con la realtà del volontariato socio-assistenziale, che agisce nei campi di frontiera e, in parte o in tutto, supplisce alla mancanza delle istituzioni governative; con le molte figure impegnate nell’animazione dei giovani o a livello comunicativo o nell’assistenza agli anziani. Tuttavia, il nostro mondo cattolico sembra oggi soffrire di “mal di politica”: a un forte impegno in vari settori della società civile non sembra corrispondere una presenza altrettanto qualificata e incisiva proprio nella sfera politica, da cui maggiormente dipendono le sorti del nostro territorio, come se fare politica rappresentasse un peccato pubblico o un male assoluto. È bene che nelle nostre comunità si prenda coscienza che è necessaria una nuova missione dei laici in politica per uscire dall’irrilevanza decisionale e per colmare il vuoto di valori cristiani, determinato dall’abbandono dell’impegno diretto in ambito politico.

La ricostruzione civile e morale della nostra realtà non sarà possibile senza questo rinnovato impegno: la nostra società ha bisogno di ascoltare una voce cristiana e di vedere un’iniziativa politica all’altezza dei grandi principi ispirativi del Vangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa. In questa direzione diventano necessari per il futuro della nostra pastorale ordinaria:

  • una “scuola di formazione alla politica”, basata su valori e principi cristiani, diretta soprattutto alle giovani generazioni, affinché si prendano a cuore i problemi della nostra gente e si impegnino per costituire per l’avvenire una nuova classe politica cattolica;
  • incontri di formazione e catechesi, che permettano ai componenti delle nostre comunità di conoscere ed approfondire la Dottrina Sociale della Chiesa;
  • una maggiore collaborazione e un dialogo costante tra Chiesa particolare e rappresentanti politici del territorio locale (Sindaci), metropolitano e regionale;
  • un più grande interesse e una più spiccata sensibilità per la risoluzione dei problemi derivanti dalla sofferenza e dal mancato rispetto della dignità umana dei numerosissimi migranti presenti nel nostro territorio.

 

Il tutto tenendo presente il dettato del Concilio Vaticano II: «È di grande importanza, soprattutto in una società pluralistica, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in nome proprio, come cittadini, guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori. La Chiesa, che in ragione del suo ufficio e della sua competenza in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana. La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti ed autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace, quanto più coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo. L’uomo, infatti, non è limitato al solo orizzonte temporale, ma, vivendo nella storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna»[3].


[1] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et Spes, n. 74.

[2] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 384.

[3] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et Spes, n. 76.