La testimonianza della vita si fa più sincera ed efficace quando è seguita e accompagnata dalla carità. Le mani e le braccia sono strumenti importanti di accoglienza: tese verso l’alto in segno di preghiera; tese verso i fratelli nel segno meraviglioso della carità: mani aperte per aiutare, per donare, per sorreggere, per abbracciare, per stringersi con altre mani senza badare al loro colore, per dare pacche sulle spalle e incoraggiare, per accarezzare chi ci ama ma anche i piccoli, i malati, chi è nel bisogno. Piccoli gesti che nascondono un grande significato: io sono qui, so che esisti, so che hai bisogno di me e non ti abbandonerò, ti sono vicino per qualsiasi tua necessità. Di occasioni per tendere braccia e mani ce ne sono tante nella nostra terra: a partire dal vicino di casa per finire allo straniero, che casa non ha. Se la nostra Chiesa non stende le sue braccia e non apre le sue mani come segno di una carità fattiva ed accogliente, si ridurrà sempre di più ad una struttura meramente burocratica e priva dello Spirito vitale del Signore. Chiesa dalle braccia aperte, segno di quell’Amore che tutti ama senza distinzioni, deve essere, dunque, la nostra comunità diocesana e le nostre singole Parrocchie. La prima e fondamentale forma di accoglienza è riconoscere la dignità dell’altro, rispettarlo, non giudicarlo, avere comportamenti che rispettino la giustizia e la legalità, perché questo consente all’altro di usufruire dei suoi diritti. Noi cristiani siamo chiamati a dare una chiara testimonianza a questo riguardo, ma abbiamo bisogno di fare un profondo cammino di conversione.