Una particolare risorsa per il dialogo ad intra e ad extra nella nostra Chiesa è costituita dalla ricchezza di arte e di storia custodita in tante Parrocchie: edifici, dipinti, sculture, suppellettili, paramenti sacri, archivi e biblioteche possono diventare terreno d’incontro con tutti.
La via pulchritudinis aiuta a disvelare la stessa salvifica dottrina. Questo patrimonio documenta visibilmente il percorso fatto dalla Chiesa nel culto, nella catechesi, nella cultura e nella carità. L’arte quindi, come una sorta di “Cortile dei Gentili”, nasce per la comunità cristiana, ma è fruibile anche da un pubblico di diversa estrazione culturale e religiosa per farsi, come tutti i luoghi ecclesiastici, punto di accoglienza che diventa predicazione del Vangelo della carità.
Basta poco a risvegliare un interrogativo e a far partire il dialogo sulla fede: ad esempio illuminare un dipinto solitamente in ombra e/o offrire un sussidio minimo per sottolinearne il significato religioso. Tutto ciò è sufficiente per far sentire i visitatori accolti e far penetrare in loro l’interesse per un mistero affascinante pronto a rivelarsi. Si tratta di continuare ad intessere il dialogo tra fede e cultura e ad incidere su quest’ultima, valorizzando l’eredità cristiana in essa ancora presente, sia pure in maniera disarticolata e sfigurata, ma pronta a riemergere in alcune circostanze come speranza o come nostalgia. Questa presenza ed azione culturale rappresentano un terreno importante perché il primo annuncio non cada in un’atmosfera estranea e/o ostile[1]. Sulla correlazione tra annuncio e cultura andrebbe quindi sviluppata nella nostra realtà ecclesiale una “pastorale dell’intelligenza” per la quale le Parrocchie dovranno avvalersi dell’apporto e della collaborazione di istituzioni, centri e associazioni culturali.
[1] Cfr. Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, Direttorio per la Catechesi, nn. 319-393.