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Proposizione 153

La nuova cultura mediale esercita un’influenza sempre più diretta sulle persone e sulle loro relazioni. La straordinaria mole di informazioni e di possibilità d’intrattenimento mediatico può accompagnarsi, paradossalmente, a forme di frantumazione personale e sociale, a una crisi delle forme tradizionali di prossimità, a uno stato confusionale dovuto a saturazione mediatica. I media, ampliando a dismisura le capacità comunicative e relazionali, possono favorire un nuovo umanesimo o generare una drammatica alienazione dell’uomo da sé e dagli altri. I media possono essere artefici di una nuova prossimità, frutto del confronto e dell’incontro, occasione di continuo svelamento di sé all’altro, assunzione di una responsabilità verso gli altri. Tuttavia, più siamo prossimi, più possiamo smarrire il senso della distanza. Se tutto diviene accessibile, se ogni incontro si rivela possibile, il rischio altrettanto facile è di banalizzare e strumentalizzare incontri ed esperienze. Concentrando tutto nel qui e ora, il rischio è di perdere la capacità del confronto e dello stupore di fronte alle cose. Il mondo muta in “un luogo senza luogo” e “un tempo senza tempo” ed è minacciato da un sincretismo culturale e religioso in cui anche la trasmissione del Vangelo diventa più difficile. Al di là delle implicazioni di tipo sociologico e psicologico, almeno tre sono gli aspetti sui quali vigilare in vista della missione ecclesiale nel territorio diocesano:

 

  • la perdita della verità con l’opinione. In primo luogo i processi mediatici tendono a ignorare la dimensione interiore e trascendente della persona, spinta a costruirsi un’identità non in rapporto a un cammino di approfondimento e maturazione, bensì come risposta funzionale alla situazione che vive. L’identità si trasforma in maschera nel senso di una identità celata, nascosta, i cui tratti non vengono più riconosciuti. E l’interiorità rischia d’inaridirsi cedendo spazio al narcisismo.

 

  • Restare in superfice, ossia rinunciare alla vera conoscenza e ri-conoscenza reciproca. Così il mondo della comunicazione rischia di moltiplicare e alimentare un sistema di contatti epidermici e occasionali, spesso solo funzionali allo spettacolo, privi di un confronto reale fatto di ascolto, fraternità e solidarietà. Un tale processo rende ancora più sentita e urgente la necessità di coltivare relazioni personali forti e aperte.

 

  • Ricerca della verità. Se il rapporto con l’altro si riduce al semplice sovrapporsi di pareri e sensazioni individuali, la relazione sarà il luogo non della ricerca della verità, ma del confronto-scontro delle opinioni o peggio ancora della prevaricazione e della manipolazione. Alla ricerca della verità si sostituisce un percorso ambiguo e strumentale che conduce a una sorta di “moltiplicazione della verità” o ad un azzeramento del riferimento di verità[1].

[1] Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Comunicazione e Missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, nn. 20-23.