La nuova cultura mediale esercita un’influenza sempre più diretta sulle persone e sulle loro relazioni. La straordinaria mole di informazioni e di possibilità d’intrattenimento mediatico può accompagnarsi, paradossalmente, a forme di frantumazione personale e sociale, a una crisi delle forme tradizionali di prossimità, a uno stato confusionale dovuto a saturazione mediatica. I media, ampliando a dismisura le capacità comunicative e relazionali, possono favorire un nuovo umanesimo o generare una drammatica alienazione dell’uomo da sé e dagli altri. I media possono essere artefici di una nuova prossimità, frutto del confronto e dell’incontro, occasione di continuo svelamento di sé all’altro, assunzione di una responsabilità verso gli altri. Tuttavia, più siamo prossimi, più possiamo smarrire il senso della distanza. Se tutto diviene accessibile, se ogni incontro si rivela possibile, il rischio altrettanto facile è di banalizzare e strumentalizzare incontri ed esperienze. Concentrando tutto nel qui e ora, il rischio è di perdere la capacità del confronto e dello stupore di fronte alle cose. Il mondo muta in “un luogo senza luogo” e “un tempo senza tempo” ed è minacciato da un sincretismo culturale e religioso in cui anche la trasmissione del Vangelo diventa più difficile. Al di là delle implicazioni di tipo sociologico e psicologico, almeno tre sono gli aspetti sui quali vigilare in vista della missione ecclesiale nel territorio diocesano:
[1] Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Comunicazione e Missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, nn. 20-23.