Effettua l'accesso qui per rispondere alla proposizione

Proposizione 164

Quando si parla di credibilità della nostra Chiesa si guarda, in realtà, alla credibilità degli uomini e delle donne che la compongono: è proprio il loro comportamento che rende la comunità diocesana più o meno credibile. San Paolo VI scriveva: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni […]. È, dunque, mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità»[1].

La nostra Chiesa deve riscoprire e vivere fino in fondo la sua chiamata alla santità: ogni suo componente deve fare del suo meglio per camminare sulla via di Gesù Cristo. Ora, poiché è l’agire degli uomini di Chiesa che li rende poco credibili, si impone un costante esame di vigilanza morale ed una continua invocazione dell’aiuto divino: siamo convinti che la credibilità della nostra Chiesa potrà essere realizzata solo con l’ausilio della Grazia che viene dall’Alto. Ecco perché la conversione, necessaria per ognuno, deve iniziare in ginocchio davanti a Cristo Signore. La comunità diocesana è invitata ad annunciare il Regno di Dio e il Vangelo usando tutte le buone vie del tempo in cui vive, ma senza mai rinunciare alla missione ricevuta dal suo Signore e senza mai tradirne l’essenza, attraverso la testimonianza viva dei suoi singoli membri: testimonianza di unità e di amore, che non siano, però, solo vuote parole, bensì sentimenti veri, capaci di rendere i cattolici della nostra terra persone realmente buone, persone sagge, persone libere, persone serene e forti.

 

[1] Paolo VI, Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi, n. 41.