Dalla Relazione di Mons. Francesco Milito all’Assemblea diocesana dell’Anno Pastorale 2020/2021
(Rizziconi, Auditorium Diocesano, 24.9.2020)

«Perché questo Sinodo diocesano?». Si sono compiuti 40 anni dalla costituzione della (nuova) Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi (1979). La configurazione rientrava nel quadro della ristrutturazione delle Diocesi in Italia, e quindi, anche in Calabria. Si trattò dell’approdo di un lungo processo, chiesto e portato avanti dall’episcopato della Regione, ma seguíto con notevole attenzione, interesse e vivacità nelle comunità locali, soprattutto nelle fasce del laicato più sensibile e dei presbiteri, interessati a cambiamenti e radicamenti nuovi rispetto alla propria storia ecclesiale. La vetusta Chiesa di Oppido Mamertina, quasi un’enclave dalle vette eccelse dell’Aspromonte fu ampliata e dispiegata in Diocesi della Piana. I monti e il mare cominciavano a baciarsi sorridendo agli splendidi orizzonti panoramici dalle sempreverdi altezze boschive al celestino azzurrognolo del Tirreno con la vista, quasi un miracolo a portata di mano, nei giorni più propizi, delle sette isole delle Eolie e, sempre della Sicilia, quasi una sorella vicina di casa.

Un Sinodo diocesano interessa una Chiesa particolare, diffusa su un territorio, ma sempre si inquadra e meglio si comprende in contesti più vasti. Frutto tra i più maturi delle consegne del Concilio Vaticano II, la sinodalità si è tradotta per la Chiesa in 15 Sinodi ordinari finora celebrati, a cui vanno ad aggiungersi quelli speciali.

I documenti preparatori e finali hanno ispirato anche la prassi delle celebrazioni dei sinodi locali. In Italia e in Calabria si è avuto modo di cogliere sullo sfondo frequenza o intervalli fortissimi, spinta per avvertire la necessità o l’opportunità attuale. Papa Francesco, ha fatto del suo pontificato un impegno sinodale richiamandovi la Chiesa con ritornelli permanenti come stile ordinario, per altro già presente sin dai primi anni della Chiesa nascente.

La pratica della sinodalità ha accompagnato in questi anni tutte le scelte di crescita della nostra Diocesi. Non ci sarebbe, allora, nulla di nuovo da scoprire? Continuarla la pratica vuol significare farla diventare prassi ordinaria e universale. cioè feriale di tutti e per tutti, senza eccezioni di sconti legati ad autonomi e svianti visioni di Chiesa, frutto di quella conversione pastorale, ribadita e richiesta, come condizione di partenza per il rinnovamento della pastorale con carica missionaria in perfetto aggancio al trittico degli Anni cardine (2017-2019), affidata a Christifideles “battezzati, inviati, discepoli missionari”.

In quali scenari di colloca, pertanto il nostro Sinodo? Nel cammino della Chiesa aperta dal Vaticano II: a livello universale con il magistero di cinque papi – tre dei quali santi – che l’hanno accompagnato: san Giovanni XXIII l’ispiratore, san Paolo VI il cireneo, san Giovanni Paolo II il timoniere forte; l’ermeneuta ed esegeta Benedetto XVI, Papa Francesco la coscienza vigile.

Ma è l’arco temporale che ne ha segnato il solco: il passaggio dal II al III millennio cristiano con tutte le consegne ampiamente indicate dalla Tertio Millennio adeveniente e dalla Novo Millennio ineunte, testi la cui carica propulsiva occorre avere sempre sullo sfondo.

La coscienza del cambiamento d’epoca, richiamata da Papa Francesco, come categoria interpretativa di tutte le trasformazioni intervenute, avviate, in corso a livello dei saperi scientifici, economici, medici, tecnologici, resta in tutto ciò prioritario, vigile, mens operativa.


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