«La fecondità dell’apostolato dei laici dipende dalla loro unione vitale con Cristo, secondo il detto del Signore: “Chi rimane in me ed io in lui, questi produce molto frutto, perché senza di me non potete far niente” (Gv15,5). Questa vita d’intimità con Cristo viene alimentata nella Chiesa con gli aiuti spirituali comuni a tutti i fedeli, richiede un continuo esercizio della fede, della speranza e della carità»[1]. «Tutti nella Chiesa, proprio perché ne sono membri, ricevono e quindi condividono la comune vocazione alla santità»[2].
Ogni fedele è chiamato a curare la propria spiritualità facendosi accompagnare da un padre o da una madre spirituale, liberamente scelti, ai quali aprire il proprio animo, lasciandosi accompagnare e correggere per raggiungere la santità di vita; per questo si chiede ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, a laici e laiche ben formati, che abbiano compiuto un cammino di maturazione spirituale e umana e che vivano con impegno e coerenza la propria scelta vocazionale, la disponibilità alla cura delle anime che a loro si affidano, perché la «paternità spirituale: è dare vita»[3].
[1] Concilio Vaticano II, Decreto sull’Apostolato dei Laici Apostolicam Actuositatem, n. 4.
[2] Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Christifideles Laici, n. 16.
[3] Francesco, Omelia a Casa Santa Marta, 6 giugno 2013.