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Proposizione 121
Ordine e Matrimonio sono i due sacramenti a servizio della comunione e della missione. Essi infatti «significano e attuano una nuova e particolare forma del continuo rinnovarsi dell’alleanza nella storia. L’uno e l’altro specificano la comune e fondamentale vocazione battesimale e hanno una diretta finalità di costruzione e di dilatazione del popolo di Dio. Proprio per questo vengono chiamati sacramenti sociali»[1]. Sono, dunque, due carismi complementari per edificare, con ministerialità diverse, il popolo di Dio perché «l’uno e l’altro sono segno dell’amore sponsale di Cristo per la Chiesa»[2]. Inoltre ambedue derivano dal Mistero eucaristico, a modo proprio lo “ripresentano”, ad esso si alimentano e conducono. Purtroppo oggi c’è un significativo divario fra la ricchezza e la forza profetica della dottrina della Chiesa e il vissuto pastorale lento e debole. Per quanto concerne la ministerialità propria degli sposi si registra ancora uno scarto fra ricchezza magisteriale e vissuto pastorale nelle nostre comunità ecclesiali. Si fa fatica a riconoscere la coppia e la famiglia come autentici soggetti pastorali. Coppia coniugale e famiglia vengono considerati più per quello che “fanno” o possono “fare” nella e per la Chiesa e non anzitutto per ciò che essi sono. Le cause di questa situazione sono certamente molte. Due sono particolarmente significative:
- la feconda relazione tra Sacramento del Matrimonio e Sacramento dell’Ordine, che va incrementata nella prassi pastorale delle nostre comunità ecclesiali;
- la ministerialità propria degli sposi che va sempre più pastoralmente riconosciuta e valorizzata nelle comunità ecclesiali.
In una visione ecclesiale diventa allora fondamentale qualificare la relazione presbiteri-sposi innanzitutto approfondendo la fondazione teologica di tale relazione. Bisogna così riscoprire e approfondire la realtà sacramentale del Matrimonio: non è, infatti, solo un’istituzione naturale, ma è anche Sacramento con dignità e responsabilità nel servizio alla Chiesa pari a quelle dell’Ordine.
È necessario allora:
- approfondire la teologia della famiglia ed in particolare la categoria teologico-patristica (riscoperta dal Concilio Vaticano II e dal post-Concilio) della famiglia come Chiesa domestica. Bisogna passare da un’ecclesiologia di comunione ad una “prassi di comunione” per edificare una Chiesa “casa e scuola di comunione”;
- promuovere una spiritualità di comunione[3] per una santità collettiva: sposi, famiglia e comunità ecclesiali nella prospettiva della nuova evangelizzazione, chiamati a «sentire il fratello di fede nell’unità profonda del Corpo mistico, dunque, come “uno che mi appartiene”, per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni»[4];
- riscoprire la centralità della Parrocchia riletta nella sua concretezza storico-culturale a partire dall’Eucaristia[5], in un’ottica e prassi missionarie, nella consapevolezza sempre rinnovata di dare «a tutta la vita quotidiana della Chiesa […] una chiara connotazione missionaria»[6], poiché «il nostro non è il tempo della conservazione dell’esistente, ma della missione»[7].
- Nell’ottica della radicalità della sequela di Cristo, sia gli sposi che i presbiteri vivano lo spirito dei consigli evangelici. Nel contesto della qualità di relazione da instaurare tra presbiteri e sposi è da affermare la necessità di una “pastorale delle relazioni”, fondata soprattutto su una visione di fede (reciproco riconoscimento, apprezzamento e promozione dei rispettivi carismi) e sulla verità nella carità del relazionarsi. Bisogna essere coscienti che si cresce nella propria vocazione quando si opera per l’unica missione salvifica, fedeli alla specifica ministerialità per la gloria di Dio che è la salvezza delle sue creature, per le quali non ha risparmiato il proprio Figlio.
- Nel contesto della relazione presbiteri-sposi è quanto mai opportuno soffermarsi sull’importanza della Parrocchia, intesa come grande famiglia di famiglie, sulla casa familiare, focolare domestico, luogo di intimità, ma anche di accoglienza e apertura, e sulla formazione adeguata da fornire a seminaristi, presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, catechisti e altri agenti di pastorale familiare (cfr. Amoris laetitia nn. 202-203).
- Nello sviluppo della consapevolezza che i Sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio promuovono una Chiesa autentica, assumono un ruolo di particolare importanza i diaconi uxorati che vivono la loro vocazione nel duplice aspetto sacramentale.
[1] Conferenza Episcopale Italiana, Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, n. 32.
[2] Conferenza Episcopale Italiana, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, n. 718; Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis, n. 22.
[3] Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, n. 43.
[4] Ibidem, n. 43.
[5] Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il primo decennio del Duemila, n. 47.
[6] Ibidem, n. 44.
[7] Questo affermava con vigore Giovanni Paolo II già nel 1995 al Convegno ecclesiale di Palermo.