«Solo una pastorale capace di rinnovarsi a partire dalla cura delle relazioni e dalla qualità della comunità cristiana sarà significativa e attraente per i giovani. La Chiesa potrà così presentarsi a loro come una casa che accoglie, caratterizzata da un clima di famiglia fatto di fiducia e confidenza»[1]. Il valore della vicinanza e della fraternità è emerso soprattutto in questo periodo di pandemia. I giovani desiderano crescere nella gioia per il fratello o la sorella che il Signore permette di incontrare e nel bene verso tutti, allargando così l’orizzonte oltre i membri del proprio gruppo parrocchiale, senza dimenticare che «la vocazione laicale è prima di tutto la carità nella famiglia e la carità sociale o politica»[2]. «In questa situazione di pandemia, nella quale ci troviamo a vivere più o meno isolati, siamo invitati a riscoprire e approfondire il valore della comunione che unisce tutti i membri della Chiesa. Uniti a Cristo non siamo mai soli, ma formiamo un unico Corpo, di cui Lui è il Capo. È un’unione che si alimenta con la preghiera, e anche con la comunione spirituale all’Eucaristia, una pratica molto raccomandata quando non è possibile ricevere il Sacramento»[3].
Nella nostra Diocesi si pensino attività pastorali che possano attrarre e coinvolgere i giovani più lontani dalla fede, mostrando la vera identità della Chiesa: una comunità che vive dell’Eucaristia, dove ci si sente accolti, custoditi e integrati come in una grande famiglia.
È poi fondamentale prestare attenzione al “come” si comunica, a cominciare dall’uso del linguaggio verbale. Nelle Parrocchie vi sia una comunicazione al passo con l’innovazione contemporanea, senza smarrimenti e paure davanti alle novità del presente. Una buona comunicazione, infatti, è preziosa per sfatare alcuni pregiudizi nei confronti della Chiesa.
[1] XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Documento finale, n. 138.
[2] Francesco, Esortazione Apostolica post-sinodale Christus Vivit, n. 168.
[3] Francesco, Angelus, 15 marzo 2020.