È con la bocca, poi, che si spalanca la porta perché l’altro possa entrare in contatto con noi e, attraverso di noi, con l’intera comunità. L’espressione più bella di accoglienza è il sorriso, che fa sentire a proprio agio chi lo riceve. Con la bocca ci esprimiamo, articoliamo il linguaggio, comunichiamo. E sappiamo quanto le parole siano importanti: possono far avvicinare o allontanare, qualche volta anche definitivamente, le persone. Con la bocca possiamo proclamare le meraviglie che Dio ha compiuto nella nostra vita e annunciare il Vangelo, già assimilato, compreso e vissuto nella nostra esperienza di fede. Tutti i componenti della nostra Chiesa hanno il compito di gridare con la loro bocca con gioia ed emozione: «Abbiamo trovato il Messia!» (Gv 1,41) a chi ancora lo cerca, anche inconsapevolmente, o a chi lo ha smarrito lungo i meandri della sua vita. Troppe volte la bocca viene utilizzata per denigrare, criticare, ferire, giudicare e le conseguenze, purtroppo, sono pesanti, spesso tragiche o drammatiche, perché costituiscono come un muro invalicabile, che esclude irrimediabilmente dalla comunione ecclesiale. Quale grande responsabilità abbiamo, dunque, nell’utilizzare la ricchezza della bocca per l’accoglienza dei fratelli! Impegniamoci ad usarla bene per parlare soprattutto dell’amore di Dio che, unico, può trasformare la nostra vita e quella delle nostre comunità.