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Proposizione 136

Non ci può essere accoglienza senza ascolto: è una dimensione umana ed ecclesiale necessaria perché è il tramite che agevola ogni relazione. Per il futuro della nostra Chiesa diocesana è, dunque, urgente puntare su una realtà comunionale molto più vicina ai problemi concreti degli uomini di oggi e che sia più pronta ad ascoltare, avviando uno stile nuovo di presenza pastorale, costituito meno di cose da fare e più disposto a intercettare il grido che nasce dai bisogni dell’umanità della Piana. Solo recependo il messaggio di richiesta si potrà dare inizio a relazioni amichevoli e familiari da creare e da coltivare all’interno delle comunità parrocchiali con maggiore attenzione, tempo e disponibilità. Oggi nei nostri paesi tanta gente soffre di solitudine e di mancate relazioni. La situazione è stata ancor di più aggravata dalla lunga esperienza della pandemia. Compito della nostra Chiesa in cammino è aprire gli orecchi e ascoltare, scrutare l’orizzonte ed accogliere le sfide che si presentano, hic et nunc, nella nostra società. Ciò che accade intorno a noi non possiamo considerarlo come qualcosa che non ci interessa. Non dobbiamo tapparci gli orecchi, coprirci gli occhi e continuare a fare ciò che abbiamo sempre fatto: le nostre processioni, le nostre devozioni, i nostri incontri più o meno autoreferenziali, riservati ai pochi eletti che ancora ci seguono. «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo»[1]. Ascoltare la richiesta di aiuto e renderci solidali con gli uomini del nostro tempo e la loro storia: questo è il compito di una Chiesa in cammino nel mondo incontro a Cristo che viene.

[1] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes, n. 1.