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Proposizione 175

Papa Francesco, parlando ai membri dell’Associazione Nazionale Lavoratori Anziani, affermava: «In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un’espansione dell’impegno degli anziani nel volontariato e nell’associazionismo […]. La sfida maggiore che, per i prossimi anni, si presenterà alla società è promuovere con efficacia sempre maggiore le risorse umane di cui sono portatori gli anziani all’interno della comunità […]. Si tratta di attivare, sul territorio, reti di solidarietà che abbiano come riferimento gli anziani in quanto soggetti attivi protagonisti e non solo oggetto di intervento di tipo assistenziale. Sarà, dunque, importante che gli anziani vengano considerati non solo portatori di bisogni, ma anche di nuove istanze, o come mi capita spesso di dire, riecheggiando la Bibbia, di “sogni”; sogni, però, carichi di memoria, non vuoti, vani, come quelli di una certa pubblicità; i sogni degli anziani sono impregnati di memoria e, quindi, fondamentali per il cammino dei giovani, perché sono le radici. Dagli anziani viene quella linfa che fa crescere l’albero, fa fiorire, dà nuovi frutti»[1].

Compito della nostra Chiesa è mostrare concretamente agli anziani che la loro vita ha un senso. Tante volte essi si sentono inutili, disprezzano la loro stessa vita. Invece, l’anziano può essere, a suo modo, utile, bello, determinante, con i carismi propri della vecchiaia quali:

 

  • la gratuità. La cultura dominante misura il valore delle nostre azioni secondo i parametri di un efficientismo che ignora la dimensione della gratuità. L’anziano, che vive il tempo della disponibilità, può riportare all’attenzione di tutti l’esigenza di abbattere gli argini di una indifferenza che svilisce, scoraggia ed arresta il flusso degli impulsi altruistici;

 

  • la memoria. Le generazioni più giovani vanno perdendo il senso della storia e con esso la propria identità. Una comunità che ignora il passato rischia di ripeterne più facilmente gli errori. La caduta del senso storico è imputabile anche ad un sistema di vita che ha allontanato ed isolato gli anziani, ostacolando il dialogo intergenerazionale;
  • l’esperienza. Oggi viviamo in un mondo nel quale le risposte della scienza e della tecnica sembrano aver soppiantato l’utilità dell’esperienza di vita accumulata dagli anziani nel corso di tutta la loro esistenza. Questa sorta di barriera culturale deve essere superata, perché le persone della terza e della quarta età hanno molte cose da trasmettere alle giovani generazioni, molte cose da condividere con loro;

 

  • l’interdipendenza. Nessuno può vivere da solo, ma l’individualismo ed il protagonismo dilaganti nascondono questa verità. Gli anziani, con la loro ricerca di compagnia, contestano una società nella quale i più deboli sono spesso abbandonati a loro stessi, richiamando l’attenzione sulla natura sociale dell’uomo e sulla necessità di ricucire la rete dei rapporti interpersonali;

 

  • una visione più completa della vita. La nostra vita è dominata dalla fretta, dall’agitazione. È una vita distratta, che non ha tempo di interrogarsi sulla vocazione, la dignità, il destino dell’uomo. La terza età è caratterizzata dalla semplicità, dalla contemplazione. I valori affettivi, morali e religiosi vissuti dagli anziani sono una risorsa indispensabile per l’equilibrio delle comunità, delle famiglie, delle persone. Essi vanno dal senso di responsabilità all’amicizia; dalla non ricerca del potere alla prudenza di giudizio, alla pazienza, alla saggezza; dall’interiorità al rispetto della creazione ed alla edificazione della pace. L’anziano sa cogliere bene la superiorità dell’essere sul fare e sull’avere.

 

Le nostre comunità ecclesiali saranno migliori se sapranno beneficiare dei carismi della vecchiaia per la costruzione del loro futuro.

[1] Francesco, Udienza del 16 dicembre 2019.