Per il cristiano la possibilità di lavorare è un dono di Dio e il lavoro è concepito come un diritto e un dovere: è un diritto perché permette all’uomo di vivere liberamente e autonomamente senza pesare sulla società; è un dovere perché, con il lavoro, l’uomo partecipa all’opera creatrice di Dio e all’opera salvifica di Cristo, cooperando nella trasformazione del mondo. Attraverso il lavoro, infatti, Dio chiama l’uomo a costruire un mondo nuovo e a contribuire all’affermarsi del suo Regno sulla terra. Ogni cristiano è chiamato a diventare anche con il proprio lavoro fermento nei diversi ambienti in cui vive ed opera e a trasformarli perché diventino sempre più conformi al disegno di Dio.
Con la sua attività lavorativa il cristiano non deve tendere ad affermare il proprio egoismo e la propria potenza, ma contribuire alla crescita e al consolidamento del bene comune. Per questo il lavoro non deve essere fonte di ansia e di preoccupazione, bensì un mezzo per promuovere la dignità dell’uomo e il bene della società. In quest’ottica, l’attività lavorativa non può assorbire completamente le energie delle persone e renderle schiave, ma deve favorire una loro crescita umana e cristiana equilibrata.
Nelle nostre comunità cristiane, quindi, il lavoro e il giusto guadagno che ne deriva devono essere considerati un mezzo e non il fine della vita. In tal senso, la Chiesa diocesana deve aiutare i credenti a crescere nella diffusione del Vangelo e nelle opere di carità verso i più bisognosi.