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Proposizione 194

In una cultura come quella odierna, contrassegnata dal primato dell’avere, dall’ossessione della soddisfazione immediata, dall’attrattiva del guadagno, dalla ricerca del piacere ad ogni costo, è sorprendente constatare lo sviluppo di un certo interesse per il bello. Le forme, che rivelano questo interesse, sembrano esprimere l’aspirazione che rimane, e che perfino si rafforza, verso il trascendente, che incanta l’esistenza e le apre la porta al di là di se stessa. La Chiesa lo ha intuito fin dalle sue origini e secoli di arte cristiana ne offrono una magnifica illustrazione: l’opera d’arte autentica è potenzialmente una porta d’ingresso per l’esperienza religiosa.

Riconoscere l’importanza dell’arte per inculturare il Vangelo equivale a riconoscere che il genio e la sensibilità dell’uomo sono connaturali alla verità e alla bellezza del mistero divino. Anche la nostra Chiesa locale si è comportata, lungo il corso della sua storia, come avvocata e protettrice della cultura e delle arti e molti artisti hanno trovato nel suo seno un luogo privilegiato di creatività personale. Questo ruolo ed atteggiamento della nostra comunità cristiana deve ritornare a essere quanto mai attuale, specialmente nell’ambito della letteratura, dell’architettura, dell’iconografia e della musica sacra. Un rapporto di fiducia con gli artisti, fatto di ascolto e di cooperazione, permette di valorizzare tutto ciò che educa l’uomo e lo eleva a un superiore livello di umanità, mediante una partecipazione più intensa al mistero di Dio, somma Bellezza e suprema Bontà.

Il patrimonio culturale della nostra Chiesa testimonia una feconda simbiosi tra cultura e fede. Esso costituisce una risorsa permanente per un’educazione culturale e catechetica, che unisce la verità della fede all’autentica bellezza dell’arte[1]. Frutti di una comunità che ha vissuto e vive intensamente la propria fede nella speranza e nella carità, questi beni cultuali e culturali della nostra Chiesa possono ispirare l’esistenza umana e cristiana degli uomini e delle donne del nostro tempo e, se ben conservate e curate, degli uomini e delle donne del futuro.


[1] Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, n. 122-127.