Superata la fase propedeutica, comincia per il candidato al sacerdozio il cammino del Seminario maggiore, luogo di formazione umana, intellettuale, spirituale e caritativa. La prima fase di questo cammino, i primi due anni, ha la finalità di plasmare il giovane sul modello del discepolo che, ai piedi del Maestro, ascolta la sua Parola, la studia approfonditamente e la fa sua, interiorizzando i valori evangelici, per poterla annunciare e testimoniare, in seguito, al popolo che gli verrà affidato. È necessario, in questo periodo, introdurre i candidati alla vita attiva pastorale attraverso laboratori di catechetica che li rendano capaci di comunicare, con un linguaggio adeguato e con metodi appropriati (compresi i moderni mezzi di comunicazione), la Parola approfondita nello studio e la loro esperienza vocazionale, che potrebbe diventare fonte di ispirazione per altri giovani come loro. «Durante l’iter formativo verso il sacerdozio ministeriale il seminarista si presenta come un “mistero a sé stesso”, nel quale si intrecciano e coesistono due aspetti della sua umanità, da integrare reciprocamente: da un lato, essa è caratterizzata da doti e ricchezze, plasmata dalla grazia; dall’altro, è segnata da limiti e fragilità. Il compito formativo consiste nel cercare di aiutare la persona a integrare questi aspetti, sotto l’influsso dello Spirito Santo, in un cammino di fede e di progressiva e armonica maturazione di tutte le componenti, evitando le frammentazioni, le polarizzazioni, gli eccessi, la superficialità o le parzialità. Il tempo di formazione verso il sacerdozio ministeriale è un tempo di prova, di maturazione e di discernimento da parte del seminarista e dell’istituzione formativa»[1].
[1] Congregazione per il Clero, Il dono della vocazione presbiterale. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 8 dicembre 2016, n. 28.