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Proposizione 90

L’azione che sana le ferite nel rapporto tra confratelli nel sacerdozio è la correzione fraterna. Gesù stesso ci ha insegnato a correggere con amore e nella verità il fratello che commette un errore. Pertanto chi corregge deve imitare Gesù che perdona e non disprezza; deve farlo con animo sereno, porgendo la mano, affinché l’altro si ravveda e, rialzandosi, riprenda il suo cammino sacerdotale con fiducia e speranza. Chi è corretto non senta tale azione come un giudizio di condanna, ma la percepisca come un atto di amore e di interesse amicale vero nei suoi confronti. In questo modo si arriva a rendere visibile il principio di San Paolo espresso ai Romani nella sua lettera: «Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Rm 12,10). La comunione presbiterale richiede un’attenzione coscienziosa, spirito di sacrificio e responsabilità nei confronti dell’altro. Emerge, dunque, una necessità forte a riscoprire il valore di tale comunione e a superare i muri di diffidenza e di divisione che ancora si possono rilevare all’interno del clero diocesano. Per incamminarsi verso una vera comunione è importante andare oltre le distanze generazionali, i cammini diversi di formazione, la scarsa conoscenza reciproca e la cultura propria del nostro territorio, di cui tutti si è imbevuti, carica di spinte individualistiche e concorrenziali.