L’imitazione di Cristo deve portare il sacerdote al dinamismo di Cristo. Egli, risuscitato e glorificato, è continuamente presente grazie alla realtà sacramentale e tale presenza deve suscitare in tutti i presbiteri una tensione all’incontro con Lui. È proprio questa tensione che caratterizza e differenzia la vita presbiterale. Altro è un sacerdote che cerca la sua realizzazione completa qui sulla terra, altro è un prete che è ben convinto di non avere in questa dimensione terrena una città permanente (cfr. Eb 13,14). Che cosa produrrà questa diversità di vedute? Il primo esempio una comunità radicata sulla faccia della terra solo rivolta agli interessi umani, come un’azienda ottimamente organizzata per dare il suo utile netto; il secondo esempio una comunità in cammino, sinodale, pellegrinante sulla terra con la lampada accesa nelle mani (cfr. Mt 25,1-13) in attesa che, all’arrivo dello Sposo, le porte del banchetto siano aperte. Questa propensione all’incontro personale con Lui, deve costituire la base per una nuova formazione dei nostri presbiteri, di modo che essi possano favorire insieme la costruzione di una Chiesa locale che sia:
• Chiesa in continuo cammino: non radicata o attaccata ai beni di questo mondo, che non si sente perfetta, ma sempre tesa verso la perfezione;
• Chiesa che faccia tesoro del passato valorizzandolo, che vive bene il presente, progetta il futuro e guarda in alto, da dove gli verrà l’aiuto;
• Chiesa che non pretende nulla sulla terra: non privilegi, non onori, non potenza;
• Chiesa povera, che serve; Chiesa che vive nel mondo ma non appartiene al mondo.
• Chiesa in uscita, che raggiunge le persone nei loro luoghi e situazioni di vita e che si rende presente nelle periferie esistenziali e geografiche.
Ai nostri sacerdoti, dunque, auspichiamo che possano assumere la vera libertà del cuore per essere sempre più simili a Cristo.