«In tutte le nostre istituzioni dobbiamo sviluppare e potenziare molto di più la nostra capacità di accoglienza cordiale, perché molti giovani che arrivano si trovano in una profonda situazione di orfanezza. E non mi riferisco a determinati conflitti familiari, ma ad un’esperienza che riguarda allo stesso modo bambini, giovani e adulti, madri, padri e figli. Per tanti orfani e orfane nostri contemporanei – forse per noi stessi – le comunità come la parrocchia e la scuola dovrebbero offrire percorsi di amore gratuito e promozione, di affermazione e crescita […] creando spazi fraterni e attraenti dove si viva con un senso»[1].
Il clero della nostra Chiesa locale abbia un atteggiamento di accoglienza, ascolto e comprensione, considerando i giovani capaci di collaborare attivamente e di spendersi per il bene della comunità. In tal senso, sia favorita la partecipazione dei giovani alla celebrazione liturgica attraverso alcuni servizi che possono essere affidati dopo accurata formazione (proclamazione delle letture, canti, altre forme di animazione). Tutto ciò contribuisce a poter camminare insieme nella verità grazie all’incontro comunitario con il Risorto, che si fa vicino a ciascuno come fece con i discepoli di Emmaus.
I sacerdoti non sentano i laici lontani dalla responsabilità formativa nei confronti dei giovani. Essi, infatti, hanno bisogno di trovare negli adulti dei testimoni autentici della fede.
[1] Francesco, Esortazione Apostolica post-sinodale Christus Vivit, n. 216.